La Parrocchia di San Martino Vescovo fa parte dell’Unità Pastorale di Ognissanti, che comprende Povegliano, Dossobuono, Alpo e Rizza.
Chiesa di San Martino Vescovo
Le prime testimonianze riguardanti la chiesa parrocchiale del paese risalgono al 1300 in cui, nella stessa zona della chiesa attuale, esisteva una piccola pieve (almeno dal 1137) intitolata a San Martino. Non era la parrocchiale, in quanto sotto giurisdizione dei Benedettini: la prima chiesa del paese era, infatti, quella di San Ulderico situata dove oggi si incrociano le vie Cavour e San Ulderico. Successivamente nel XV secolo venne demolita e ricostruita una chiesa vera e propria che divenne la parrocchiale. La chiesa di San Ulderico infatti, essendo costruita su una palude coperta con terreno di riporto, era in grave stato di usura a causa delle infiltrazioni d’acqua e dei cedimenti. Nel 1533 in Vescovo di Verona Matteo Gilberti diede ordine di ampliare la chiesa a spese del comune, ordine che fu ripetuto anche dal cardinale Agostino Valerio nella visita del 1582. La costruzione venne ultimata nel 1597 ma alcuni secoli successivi, l’Arciprete Don Bartolomeo Martini diede il via ai lavori di ricostruzione della chiesa parrocchiale, ultimati nel 1824 dall’Arciprete Don Fenzi. Così come è accaduto per le chiese più antiche, la stessa sorte venne riservata anche alla parrocchiale di San Martino che, nel settembre del 1964 venne demolita per lasciare spazio all’attuale edificio. L’abbattimento venne giustificato dalla necessità di migliorare la viabilità, dall’onerosità delle spese di ristrutturazione del tetto e dal bisogno di avere una piazza per il paese. La realtà dei fatti fu che per abbattere la chiesa furono necessari macchinari potenti e funi in acciaio che si spezzavano in continuazione, a riprova che l’abbattimento non era necessario ma solo frutto della mania dell’epoca di buttare le cose vecchie (e preziose) per ripristinarle con le nuove (assai poco pregiate). La cittadinanza non fu d’accordo e ne è riprova i verbali del consiglio comunale dell’epoca, che riportano accesi diverbi. Il patrimonio artistico fu in parte salvato ed in parte trafugato/svenduto, o addirittura sepolto con le macerie. Ne sono testimonianza le statue di San Luca e San Martino ritrovate lungo l’inizio di Via Nogarole (detta via Mora), ora restaurate e ricollocate. Anche l’organo fu praticamente svenduto e le canne bruciate. Nel piano sotterraneo all’attuale edificio è stata ricavata una cripta dedicata a San Ulderico. Il campanile della chiesa, staccato alcuni metri dall’attuale edificio, è stato risparmiato dalle demolizioni del 1964 e recentemente restaurato e consolidato. Le campane vennero smontate durante la seconda guerra mondiale, per essere fuse e ricavare materiale per fare i cannoni. Fortunatamente vennero risparmiate e ricollocate dopo la guerra.
Santuario Madonna dell’uva secca
La chiesa di Santa Maria sulla Via Secca risale alla fine del XII secolo. Ha avuto una sua bella fioritura nel medioevo, quando accanto al Santuario c’era anche una struttura per accogliere malati e pellegrini. L’affresco della Dormizione di Maria, venerato in Santuario, risale al XIV secolo. La struttura del Santuario ha avuto successivi ritocchi, in particolare il prolungamento della chiesa nel 1600 e la costruzione dell’altare maggiore, pensato fin dall’inizio per accogliere il mirabile affresco della Dormizione di Maria. Dopo alterne vicende il santuario ha subito un periodo di progressivo abbandono, ma è stato recentemente riportato al suo splendore originale da una globale ristrutturazione ad opera della popolazione locale, costituitasi in “Comitato per il Santuario”, attivo ancora oggi. Dal 2000 il Santuario è animato da una comunità religiosa di Fratelli della S.Famiglia. E’ un Santuario parrocchiale (Povegliano) e la liturgia che vi si celebra rispetta i ritmi e i percorsi della parrocchia.
Il santuario è detto popolarmente “Madonna dell’Uva Secca”. La curiosa denominazione può essere spiegata come una storpiatura di Via Secca o con un’antica tradizione orale: si racconta che un giorno, durante il periodo della vendemmia, una misteriosa signora passò dal santuario e chiese un grappolo d’uva al contadino. Questi gliela negò, e il giorno dopo tutto il vigneto seccò. Il racconto, come tutte le leggende, era finalizzato a trasmettere un insegnamento alla gente semplice del tempo: chi non dà con generosità, si ritrova con la propria vita inaridita; un messaggio sempre valido e attuale.




